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Aggiornamento: 11 mag 2021

Sperimentare a scuola: incursioni artistiche nel mondo della comunicazione visiva.


Sperimentare esprimendosi con il linguaggio artistico, non offre solamente ai bambini la possibilità di misurarsi con materiali e tecniche diverse, ma favorisce lo sviluppo e l’integrazione di differenti sensibilità, abilità e culture.

Ambiente ideale per questo tipo di esperienza è il laboratorio che, come ci ha insegnato Bruno Munari, è il luogo del “fare per capire”, dove si fa "ginnastica mentale" e si costruisce il sapere. È anche luogo di incontro educativo, formazione e collaborazione e costituisce un percorso singolare di avvicinamento all’arte, in cui l’aspetto più importante non riguarda il “risultato”, ma il “processo creativo” di ognuno.

Il laboratorio, allestito come spazio dedicato, è organizzato in modo da favorire la ricerca-azione come metodo di approccio ai problemi e alle loro possibili soluzioni, stimolando nei bambini l’attivazione di processi di metacognizione e autoapprendimento, il recupero e l’esercizio della manualità, l’educazione all’estetica e alla forma, l’autostima.


Ciò che noi definiamo « arti visive» sono linguaggi costituiti da un insieme di segni forme colori che danno origine a immagini che, come il linguaggio scritto, hanno un’organizzazione, delle regole e delle strutture.

Con riferimento all’elemento visivo dominante si parla di linguaggio grafico quando prevale il segno, pittorico quando prevale il colore, plastico quando prevale il volume.

Nel nostro percorso abbiamo utilizzato questi tre differenti linguaggi, spesso sovrapponendoli, per creare produzioni uniche ed originali.


Quando l’uomo primitivo ha scoperto di poter fare dei segni con materiali diversi e dipingere sulla pietra, ha cominciato a disegnare.

È interessante osservare come le aggregazioni di segni dell’uomo primitivo siano molto simili a quelli che istintivamente i bambini producono.

È stimolante osservare gli effetti della pratica del laboratorio d’arte sui bambini, e come le attività suggerite abbiano trovato riscontro tra le insegnanti che si sono appropriate di strumenti alternativi per proseguire e sviluppare il lavoro svolto insieme.

Generalmente, nel primo periodo di pratica di laboratorio, lo spazio del foglio è utilizzato dai bambini istintivamente, o meglio automaticamente, allo stesso modo con cui lo usano per scrivere i testi, cioè iniziando in alto a sinistra.

Lungo il percorso però, l’uso dello spazio grafico si è evoluto producendo cambiamenti nell’impostazione delle loro composizioni.

Confrontandoci con grandi artisti del ‘900, è stato interessante osservare come alcuni particolari, forme o colori, vengono percepiti e ricordati più facilmente: l’attenzione di ognuno si concentra su ciò che più lo interessa, filtrandolo attraverso la propria esperienza. Si è evidenziato perciò come non tutti guardiamo le cose allo stesso modo e, soffermandoci a riflettere ed ascoltando le osservazioni degli altri, a volte il punto di vista è cambiato rivelando nuove opportunità di conoscenza. In generale si è creato attorno alle opere un dibattito costruttivo fatto di interpretazione e analisi di forme, colori, e composizioni.

  1. Giuseppe Capogrossi – Superficie -

  2. Carla Accardi – Nero

  3. Paul Klee – Studio di città

  4. Gustav Klimt – Ritratto di Adele Bloch-Bauer

  5. Keith Haring – Senza titolo

  6. Riccardo Licata – Senza titolo

L’uso che questi artisti hanno fatto del segno e del colore, hanno aperto ai bambini diverse prospettive di lettura delle opere. Il confronto ha fatto emergere osservazioni su:

segno positivo/negativo (pesante e leggero);

qualità dei segni: morbidi, aggressivi…;

utilizzo dei segni: puramente decorativo oppure elementi costruttivi dell’immagine;

la composizione può risultare: distribuita uniformemente, in maniera simmetrica, inserita in una scansione regolare degli spazi, può produrre un effetto dinamico oppure statico, ma sempre in equilibrio;

oltre il segno: i bambini hanno individuato segni particolari o aggregazioni di segni, a volte intenzionali (soprattutto Keith Haring), che si potevano leggere come: volti stilizzati, esseri umani stilizzati, armature di guerrieri fantastici, torri e torte, denti di animali terrificanti, mezzi di locomozione in movimento, lettere di alfabeti fantastici…


Per esplorare il passaggio dalla dimensione piana del foglio al linguaggio plastico, abbiamo utilizzato un materiale semplice e alla portata di tutti: la carta.

Abbiamo scoperto che la carta può essere lavorata “plasticamente” per creare una terza dimensione.

I segni sui quali avevamo lavorato in piano con strumenti traccianti e materiali diversi, ora diventano un mezzo per scoprire lo spazio e la profondità, il dentro e il fuori, il sopra e il sotto, con la difficoltà ulteriore di doversi destreggiare nel maneggiare strumenti che di norma non sono utilizzati a scuola.

Difficoltà questa, che ha permesso ai bambini di mettere in atto tecniche e strategie nuove per risolvere i problemi incontrati nella loro ricerca artistica.

Buchi, strappi, tagli, segni creati con semplici strumenti, ci hanno permesso di realizzare piccole sculture con cui allestire una semplice installazione: “L’albero dei segni”, un’opera collettiva per ogni classe.

Solo in un secondo momento abbiamo provato a confrontare queste piccole opere con i lavori di artisti come Fausto Melotti e Lucio Fontana...e voi che ne dite...niente male no?


1 . Fausto Melotti – Canone orientale

2 e 3. Lucio Fontana – Concetti spaziali


Il progetto si è svolto in alcune classi seconde di scuola primaria, e aveva come filo conduttore il segno. Ciò che è emerso dal lavoro e dalla discussione con i giovanissimi partecipanti si è rivelato interessante e sorprendente al tempo stesso; i bambini hanno dimostrato una capacità di intuizione e una gran voglia di essere liberi di esprimersi, pur all’interno di alcune regole. Per alcuni di loro il percorso ha innescato una trasformazione positiva aumentandone l’autostima e la consapevolezza delle proprie capacità.

Sarebbe bello e importante se l’insegnamento dell’arte a scuola corresse sempre parallelo alle altre discipline come strumento di facilitazione dei saperi, lungo tutto il percorso di studi dei nostri ragazzi.

LA REGOLA E IL CASO

Come il giorno e la notte

La regola e il caso sono due contrari

come la luce e il buio

come il rosso e il verde

come il caldo e il freddo

come l’umido e il secco

come il maschile e il femminile.

La regola dà sicurezza,

la geometria ci aiuta a conoscere le strutture

o a costruire un mondo nel quale

ci possiamo muovere senza paure.

Il caso è l’imprevisto a volte terribile a volte piacevole l’incontro con una persona con la quale si stabilisce subito un contatto di simpatia o di amore, l’esplosione di una idea risolutrice la scoperta di un fenomeno. La regola nasce dalla mente si costruisce con la logica tutto è previsto con la regola si può pianificare un programma. Il caso nasce dal clima dalle condizioni ambientali, sociali, geografiche, dai recettori sensoriali. Un odore di eucalyptus la forma di un sasso il ritmo delle onde del mare… La regola, da sola è monotona il caso da solo rende inquieti. Gli orientali dicono: la perfezione è bella ma è stupida bisogna conoscerla ma romperla. La combinazione tra regola e caso è la vita, è l’arte è la fantasia, è l’equilibrio.


tratto da: Bruno Munari “Verbale scritto”


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